IL DIRITTO AL MANTENIMENTO NON VIENE MENO NEANCHE QUALORA LA COPPIA DI CONIUGI ABBIA SCELTO DI NON CONVIVERE
Descrizione
Nella fattispecie in esame, la sentenza di primo grado, in seguito confermata dalla Corte d’Appello di Roma, poneva a carico del marito – odierno ricorrente - l’assegno per il contributo al mantenimento della moglie, per complessivi €200 mensili. Per tale suesposta ragione, il marito si determinava a presentare ricorso in Cassazione, deducendo, in primo luogo, la violazione dell’articolo 156 del c.c., stante la circostanza per la quale, a suo dire, il Giudice di secondo grado avesse riconosciuto i presupposti per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento, pur avendo accertato che ciascuno dei coniugi sostanzialmente provvedesse a sé medesimo facendo unicamente ricorso alle proprie risorse, “sicché non vi era, a monte, alcun tenore di vita coniugale o alcuno standard familiare al quale parametrare l'assegno di mantenimento”. Dappoi, col secondo motivo di ricorso, il marito denunciava il fatto che la Corte di merito avesse erroneamente comparato i redditi delle parti, anche in virtù della lettera di licenziamento prodotta dalla moglie all'udienza di precisazione delle conclusioni, “senza considerare le preclusioni proprie del rito ordinario e che, pertanto, il licenziamento avrebbe dovuto trovare ingresso in sede di revisione delle statuizioni economiche della sentenza di separazione, ai sensi dell'art. 710 c.p.c.”. La Corte ha rigettato il ricorso ritenendo inammissibili entrambi i motivi del gravame introitato.
Specifiche
Data:
16 Giugno 2021
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